Ricordo di Oscar Luigi Scálfaro

May 30, 2012

Claudio Dellavalle

Consiglio generale dell'Insmli. 28 aprile 2012.

Ricordo di Oscar Luigi Scálfaro

Consiglio generale dell'Insmli. 28 aprile 2012.

 

Nei numerosi articoli e servizi dedicati a Oscar Luigi Scálfaro raramente si è fatto riferimento all'Istituto Nazionale per la storia del movimento di Liberazione, di cui Scálfaro fu presidente per un tratto non breve, dall'aprile 2002 fino all' aprile di un anno fa. Quando ne assunse la responsabilità l'Istituto viveva una fase di gravi difficoltà, in parte derivanti da questioni interne, in parte dall'applicazione della legge sulla cosiddetta privatizzazione degli enti culturali. Va ascritto a merito del sen. Raimondo Ricci la proposta della candidatura di Scálfaro con il quale nelle attività di Senato, pur provenendo da percorsi politici diversi, aveva stabilito un solido rapporto di amicizia. La proposta fu discussa a Firenze presso la sede dell'Istituto regionale in un incontro che raccolse un notevole numero di amici e collaboratori dell'Insmli. Tra i partecipanti era ampiamente condiviso l'apprezzamento per un Presidente che nel corso del suo settennato, uno dei più difficili della storia della Repubblica, aveva difeso con intransigenza l'impianto della Costituzione, il rispetto delle regole a fronte di spinte pesanti che volevano forzare il dettato costituzionale. In ogni suo intervento il presidente aveva saputo sostenere una lettura laica e netta della distinzione dei poteri e dei ruoli istituzionali come garanzia per il cittadino, così come era stata chiara e netta la salvaguardia della distinzione tra l'ambito dello stato e la sfera religiosa. Non un atto del settennato poteva essere imputato a un presidente profondamente religioso come una deviazione da una lettura rigorosamente laica dei rapporti cittadino-stato. Qualche preoccupazione nasceva invece sul piano della temperie politica generale. A coloro che gli avevano prospettato la candidatura alla guida dell'Insmli lo stesso Scálfaro aveva ricordato le ostilità espresse nei suoi confronti da componenti dello schieramento che aveva vinto le elezioni, ostilità da cui potevano derivare difficoltà all'Associazione. Preoccupazioni presto superate nella discussione per cui per quasi dieci anni l'Insmli poté avvalersi della guida di un presidente che ne avrebbe segnato il percorso più di quanto si potesse all'inizio immaginare. Fin dai primi contatti, ad esempio, fu evidente la sua capacità di interagire positivamente con le persone per una non comune disponibilità all'ascolto, per certi versi sorprendente. Qualità che contribuiva a definire uno stile personale come poterono verificare subito i collaboratori che lavoravano nelle strutture dell'Insmli, e che lui incontrava, prima in viale Sarca e poi nella sede della Fondazione della Memoria, a due passi dal Duomo. Il sen. Gianfranco Maris aveva infatti messo a disposizione i locali della Fondazione della memoria di cui era presidente per le riunioni degli organi dell'Insmli, a parziale compensazione delle promesse non mantenute da parte di più di una amministrazione del comune di Milano, per cui l'Istituto era stato costretto a lasciare la storica sede di Piazza Duomo 14 per trovare collocazione con proprie risorse in una sede funzionale, ma periferica, quasi a rilevare fisicamente la marginalizzazione della cultura resistenziale che non trovava più posto nella Milano "da bere" e post moderna.

Un altro tratto che colpiva era l'atteggiamento di disponibilità, con cui il Presidente aveva intrapreso questa esperienza nuova, che lo metteva a contatto con una realtà complessa fatta di attività di ricerca, di formazione, di memoria civile, un mondo variegato che attraverso il moltiplicatore degli Istituti dell'Associazione offriva continue occasioni di incontri: con il vecchio partigiano che voleva conoscere il Presidente, ma anche con gli amministratori di enti locali, gli studenti, gli insegnanti, i ricercatori, i docenti universitari, le persone attive negli Istituti e portatrici di varie professionalità. Da questi incontri nascevano domande nuove, che riempivano la sua agenda di impegni, che la discreta presenza della figlia Marianna cercava di contenere protestando, il più delle volte inutilmente, le esigenze dell'età. Con particolare intensità coltivava le occasioni di incontro con i giovani, con gli studenti, che incontrava nelle visite al Parlamento o nelle iniziative pubbliche promosse dagli Istituti in occasione delle ricorrenze del calendario civile come la giornata della memoria, del ricordo o nelle celebrazioni del 25 aprile e della festa della Repubblica. In queste occasioni era straordinaria (l'aggettivo è abusato, ma in questo caso appropriato) la capacità con cui questo signore dai capelli bianchi e dai modi gentili sapeva catturare l'attenzione dei giovani, portandoli a riflettere su questioni come la dignità personale, la libertà, la giustizia. Non era solo capacità dialettica affinata da anni di relazioni politiche, non era solo attenzione ad evitare luoghi comuni e schemi abusati, ma era il linguaggio di verità che affascinava i giovani che percepivano nelle parole del Presidente la coerenza tra il dire e il fare e il coraggio necessario per farla vivere nelle scelte quotidiane. D'altra parte erano gli stessi temi che la cronaca poneva all'attenzione dell'opinione pubblica con modalità particolarmente intense: gli interventi di riforma della Costituzione portati avanti dalla maggioranza parlamentare verso la metà del decennio aprirono una discussione a tutto campo, rispetto alla quale il presidente Scálfaro ebbe un ruolo di primo piano in quanto presidente del Comitato promotore del referendum abrogativo. Il 25 giugno 2006 gli italiani bocciarono la proposta di riforma costituzionale, con un esito così netto, che più volte in seguito Scálfaro rimproverò alle componenti politiche e sociali che avevano sostenuto il referendum di non avere saputo fare di quel risultato la base di un rilancio progettuale da offrire a un paese che si stava avvitando nelle proprie contraddizioni. Per altro, a conferma della sua sensibilità e correttezza, va segnalato che in questa prova egli ebbe cura di evitare il coinvolgimento diretto degli Istituti, mentre raddoppiava gli sforzi per trovare le risorse necessarie per le attività scientifiche e didattiche dell'Insmli, attività che i fondi assegnati dallo stato coprivano in modo ormai del tutto insufficiente. Non fu operazione facile perché le posizioni del Presidente, se incontravano il favore di molti, producevano anche reazioni contrarie, espresse in molti modi fino alla plateale contestazione di cui furono vittime in Parlamento i senatori di nomina presidenziale. Ci sono poche immagini che sappiano rappresentare in modo così efficace il degrado etico politico e istituzionale vissuto dal paese in questa fase non felice della sua storia come le immagini televisive delle contestazioni a Scálfaro, a Ciampi, alla Levi Montalcini e agli altri senatori a vita che votavano la fiducia al periclitante governo Prodi. Immagini che icasticamente rivelavano come il fondo oscuro di coltura di ciò che non può che essere definito come potenziale fascismo possa manifestarsi: intolleranza, violenza verbale, aggressività, insulti, disprezzo, un mix intollerabile esercitato nel luogo deputato alla rappresentanza democratica della Repubblica e nei confronti di senatori che i segni dell'età rendevano fragili, ma che rappresentavano, oltre che alcune delle eccellenze del paese, un legame tra le generazioni.

La tranquillità con cui i senatori a vita risposero alla prova non fu sufficiente a evitare qualche strascico successivo. Nella primavera del 2008, insediato da poco il governo del trionfante centro destra, una campagna di stampa su più fronti attaccò il presidente Scálfaro e questa volta anche l'Istituto che egli rappresentava. Come esempio è sufficiente riportare il titolo a piena pagina con cui il giorno 28 maggio un quotidiano si rivolgeva con la volgarità abituale di questo giornalismo alla responsabile da poco nominata a reggere le sorti del Ministero Istruzione ( non più pubblica) e dell'Università: Ministra fai l'antifascista e ferma la storia di Scálfaro. Dove la storia di Scálfaro altro non era che la sessantennale attività dell'Insmli accusato di essere asservito ad una fantasmatica egemonia di una sinistra pregiudizialmente ostile a qualunque altra lettura della storia italiana contemporanea. Veniva inoltre messa sotto accusa anche l'attività formativa dell'Istituto evidentemente manovrato da un presidente fazioso e perciò pericoloso. Non è il caso di soffermarsi più di tanto su questo ed altri articoli dello stesso tenore, ai quali per altro non mancò una risposta puntuale dell'Insmli. Si vuole semplicemente richiamare la ripresa delle ostilità nei confronti delle radici culturali e politiche della prima Repubblica, che si traduceva ora, sull'onda del successo elettorale del centro destra, in un invito alla resa dei conti nei confronti degli Istituti storici della resistenza. In loro difesa il presidente Scálfaro raddoppiò le attenzioni e gli sforzi per garantirne la sopravvivenza. Con esiti positivi perché l'Insmli non smise di svolgere le sue attività, ma anzi si impegnò in nuove iniziative, anche di notevole rilevanza pubblica, come la realizzazione della mostra multimediale dedicata a un gruppo di giovani ebrei torinesi, tra cui Primo Levi, negli anni della guerra e delle scelte drammatiche, che segnavano i destini delle persone. La mostra ebbe un notevole successo e venne esposta, su invito del Presidente Giorgio Napolitano anche nelle sale del Quirinale. L'immagine dei due presidenti che insieme visitano e commentano la mostra resterà negli annali dell'Insmli come un esempio delle cose buone che si possono fare anche in tempi difficili. La situazione si appesantì significativamente quando le provocazioni giornalistiche di minoranze, petulanti ma per fortuna marginali, si trasformarono nel pesante attacco sferrato a tutto il sistema culturale del nostro paese, colpevole ( fu detto esplicitamente ai livelli più alti) di essere nei suoi orientamenti pregiudizialmente ostile alla maggioranza governativa. L'arma micidiale attivata fu quella dei tagli lineari giustificati come strumento necessario per tamponare gli effetti di una crisi, che, tenacemente negata, stava ora mettendo alle corde il sistema Italia. Tutte le articolazioni della cultura italiana entrarono in difficoltà, dalle quali non sono ancora uscite; le conseguenze furono particolarmente pesanti per quegli Istituti culturali che, come l'Insmli, non potevano contare su risorse diverse dei contributi di enti locali e Fondazioni. Ad aggravare il senso di difficoltà arrivò senza preavviso l'abrogazione della legge del 1967 con cui lo stato aveva riconosciuto la funzione culturale dell'Insmli I. Il Ministro della semplificazione intese così semplificare la storia della Repubblica. L'insieme di questi elementi produssero le condizioni, che ancora oggi rendono precaria la vita degli enti culturali. Nel frattempo il Presidente Scálfaro aveva dovuto lasciare l'incarico di presidente dell'Insmli, perché l'età non gli consentiva più di seguirne come avrebbe desiderato le attività. Il distacco non fu indolore. Il Presidente scrisse nella lettera di commiato di aver trovato nell'Insmli e nella rete degli Istituti non solo l' impegno generoso di molti, non solo la condivisione di progetti e percorsi, ma soprattutto un ambiente in cui erano cresciuti sentimenti di collaborazione e di amicizia. Ma ciò che il Presidente aveva dato agli Istituti è stato molto, moltissimo. Ci saranno occasioni per tornare in modo più disteso su questi anni, ma non si può non segnalare fin da ora alcuni tratti che hanno caratterizzato la presidenza Scálfaro: intanto un'idea marcatamente solidale dell'associazione, che comportava attenzione e sostegno agli Istituti in difficoltà per situazioni ambientali particolari. Era come se il progetto unitario del movimento resistenziale trovasse in lui il convinto sostenitore di una linea di continuità, che riducesse o accettasse gli elementi di differenziazione che storie, contesti, risorse diverse inevitabilmente avevano prodotto. Su un altro piano va sottolineato l'apporto dato dal Presidente alla crescita delle attività connesse alla formazione, nelle quali profuse un impegno evidente fin dalle prime battute. Era un impegno a salvaguardare la memoria di cui si alimentavano e si alimentano le radici stesse della Repubblica, un impegno personale rivolto specialmente a chi per ragioni di età non ne poteva conoscere origini e storia. Così i suoi interventi sui temi della cittadinanza, che nel corso del decennio assunsero un crescente rilievo come esito di un dibattito pubblico e di uno scontro politico quasi quotidiano, trovarono anche una versione pedagogica, soprattutto in coincidenza con l'introduzione dell'insegnamento di "Cittadinanza e Costituzione" che la legge istitutiva del 2008 rese obbligatorio in ogni ordine di scuole. Gli Istituti come altre agenzie formative dedicarono all'insegnamento notevoli energie, integrandone gli obiettivi all'interno delle esperienze di formazione alla storia contemporanea e alla didattica della storia, facendo tesoro del patrimonio di esperienze e competenze costruito nel tempo. In questo ambito l'apporto di Scálfaro ebbe tratti innovativi che fecero crescere negli Istituti la conoscenza e la consapevolezza della cultura della cittadinanza repubblicana misurata sulle esigenze delle giovani generazioni. Il suo è quindi un lascito di primo rilievo, come si può evincere dalle riflessioni sulla Costituzione sviluppate in pubblicazioni, in interviste ai quotidiani e negli interventi in programmi televisivi. Il tutto elaborato con modalità comunicative e un linguaggio in grado di far cogliere la rilevanza delle questioni affrontate per la vita di tutti , rendendo comprensibile e attuale quanto nella formulazione giuridica poteva risultare ostico al cittadino o al ragazzo che si accostava per la prima volta a questi temi. Ma contano anche altre lezioni, ad esempio i comportamenti e le modalità con cui nelle riunioni degli organi dell'Insmli partecipava all'elaborazione delle scelte. Quando ci si doveva muovere in condizioni di difficoltà, che come si è detto non sono mancate, pesati i pro e i contro, il Presidente trovava la parola giusta per richiamare tutti a quel coraggio, che nasce dalla solidità delle proprie convinzioni verificate criticamente nel confronto continuo. Di qui derivava l'invito a non arrendersi, a tener duro, un motivo questo ricorrente nei suoi ultimi interventi. Il coraggio di resistere, appunto, che ricavava dall'esempio di chi in tempi lontani ma non dimenticati aveva messo in gioco la propria vita e il cui lascito ideale era passato nelle ragioni fondative degli Istituti. Per Scálfaro questo coraggio era una virtù indispensabile, alimentata da convinzioni forti, possiamo dire da un'etica della convinzione, che si accompagnava e veniva temperata da un'etica laica, un'etica della responsabilità, l'una e l'altra necessarie per tenere aperta anche nelle situazioni più difficili, una pur piccola possibilità di ripresa, di speranza. Di questa virtù egli era un naturale depositario e un formidabile dispensatore, ma con una modalità, che gli consentiva di evitare le trappole della retorica del dover essere grazie ad una nota ironica, che affiorava anche nelle situazioni che comportavano discussioni impegnative. Quella nota che si traduceva spesso in un sorriso complice, in una scarto leggero, imprevisto, e che, se da un lato riduceva le tensioni, dall'altro faceva intendere che non c'è un solo modo di vedere le cose. Come dire che il coraggio in politica e in ogni altra attività umana è un fattore potente se è creativo, se aiuta le persone a dare il meglio di sé, a incontrarsi e confrontarsi anche quando le posizioni sono diverse. Con quel sorriso lo vogliamo ricordare, perché ci accompagni e renda più leggero il nostro lavoro di ogni giorno.

 

Claudio Dellavalle

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