A scuola con il duce Cittadini-soldato tra regime e fede

 

Il saluto al re, Mussolini e ai Caduti in guerra
Cosi ricominciavano le lezioni nel Ventennio
Nei diario degli scolari il primo giorno in aula


di Elena D'Ambrosio

<<Al 17 ottobre finalmente furono aperte le scuole.Vestite in divisa ci siamo recati in cortile delle scuole, è venuto il signor prevosto à benedetto il gagliardetto e il signor maestro Colli ci fece fare il quaderno e la madrina che fu la signorina Trumellini à tolto il velo e si è visto venir giù la tela del gagliardetto, era molto bello e dopo il signor prevosto lo benedì, dopo in fila siamo andati alla S.Messa perchè faccia fare un bel anno scolastico. Finito la messa siamo andati davanti al Mounumento a fare il saluto ai Caduti, in fila siamo venuti al cortile delle scuole,il signor Colli à fatto un breve discorso e dopo ci fece fare il saluto al Re e al Duce e siamo ritornati a casa>>.
Così, in maniera solenne, si apriva per la scolara Rosa P. l'anno scolastico 1938-3939, che la vedeva frequentare la quinta classe nella scuola di Cilavegna, in provincia di Pavia.
Un inizio certamente diverso da quello degli scolari d'oggi, pronti al nostro di partenza con la mente ancora rivolta alle vacanze appena trascorse. E' la scuola del ventennio fascista, del balilla e delle piccole italiane, una scuola asservita alla politica e alla propaganda del regime, con l'obiettivo ben preciso di creare il cittadino-soldato. Con parole semplici (non prive di strafalcioni) ma efficaci, la piccola Rosa riassume quello che era diventato un vero e proprio cerimoniale d'inaugurazione. A partire dal 1932 (decennale della marcia su Roma) il ministero dell'Educazione Nazionale emanò disposizioni sempre più precise alle scuole.
Ad esempio, per l'apertura dell'anno scolastico 1934-35, sempre in ottobre, l'orario scolastico doveva essere dedicato oltre al rito del saluto al re e al duce, alla celebrazione eucaristica e all'esaltazione dei martiri della guerra e della "rivoluzione fascista" - all'illustrazione della legge che di li a pco avrebbe introdotto la pratica e la cultura militare nella scuola.
Le iniziative adottate già dal 1923 per mantenere vivo il ricordo della Grande Guerra "vittoriosa" e dei suoi martiri, introdussero nella scuola usanze destinate ad avere lunga vita, come la creazione dei parchi e viale della Rimembranza, Le Guardie d'onore, il saluto alla bandiera, il pellegrinaggio alla tomba del Milite Ignoto.
Ben presto gli edifici scolastici e le aule ricevettero il nome di un eroe della prima guerra mondiale. L'arredo scolastico si richiamava i valori esaltati dal fascismo. Ogni scuola d'Italia,povera e piccola che fosse, si uniformava a un certo modulo imposto dall'alto. Le aule dovevano avere alcuni oggetti fondamentali: il crocifisso, appeso sulla parete, tra il ritratto del re e quello del duce, una targa o una raffigurazione del Milite Ignoto, il Nollettin odella Vittoria del 4 novembre 1918, la bandiera, con il programma dei giorni in cui doveva essere esposta, e durante la guerra in Etiopia la cartina su cui appuntare gli spilli per segnare l'avanzata dell'esercito italiano.
Le pareti dell'aula innescano un "processo comunicativo", offrono agli alunni una serie di temi: il sacrificio, l'amor di patria, la presenza del regime e della religione che la riforma Gentile aveva posto "a fondamento e coronamento dell'istruzione primaria", primo passo verso la conciliazione tra Stato e Chiesa che sfocerà nei Patti Lateranensi del 1929. Ciò è ben esemplificato, con il tono e le parole ad effetto della retorica fascista, nel brano di apertura de "Il libro della terza elementare", dal titolo "Attesa", accompagnato dall'illustrazione di un atrio scolastico che si staglia con voluta imponenza, come l'ingresso di un tempio: << Entrate. Non pensate forse di essere attesi? Alzate lo sguardo alla parete. Ecco il Crocefisso. Le divine braccia distese sulla Croce indicano la via del Suo amore (...). Anche il Re Imperatore vi guarda. Non sisete soldati? (...). Chi vi chiede, se avete fatto onore al patto stipulato co il coraggio? Sono gli occhi del Duce che vi scrutano. Che cosa sia quello sguardo, nessuno sa dire. É un'aquila che apre le ali, e sale nello spazio. É una fiamma che cerca il vostro cuore per accenderlo d'un fuoco vermiglio (...). Ascoltate la parola che solo a voi Egli dice. Avete udito? "Voi siete i mio ardente mattino". Entrate. Se fu dolce il riposo, il viaggio che vi attenderà sarà come un viaggio pieno di sorprese alla ricerca di un tesoro nascosto>>.
Il fascismo si sedimenta anche e soprattutto attraverso l'immagine mitica del suo capo che con i bambini instaura un rapporto privilegiato. Proprio il libro della terza classe (il testo di Stato fu introdotto obbligatoriamente nelle scuole elementari pubbliche e private a partire dall'anno scolastico 1930-1931) è quello che contiene il maggior numero di pagine dedicate alla propaganda diretta e indiretta del regime. Si tratto di una scelta studiata, nulla viene lasciato al caso. Infatti, a 8 anni gli scolari vestivano la divisa del balilla e della piccola italiana e alla fine della terza ilementare, superato un esame, ottenevano il certificato di studio elementare inferiore, che per molti rappresentava la fine della carriera scolastica; uscendo prematuramente dalla scuola dovevano essere già prefettamente "indottrinati". L'addestramento all'ordine, alla disciplina, al senso del dovere per una vita attiva ed eroica al servizio della patria, iniziava fin dai primi giorni di scuola. Lo testimoniano, ad esempio, i dettati che aprono tante pagine di quaderni dell'epoca. La tradizione e il valore della civiltà romana, i martiri della prima guerra mondiale, la figura coraggiosa del Balilla, erano modelli cui si ispirò una generazione di scolari, proiettati spiritualmente verso un epilogo esistenziale che aveva un nume terrificante: guerra.