Il ventennio in cartella

Pochi quaderni, libro unico. Ma sulle spalle il peso dell'ideologia

di Elena D'Ambrosio

Il nuovo anno scolastico che si è appena aperto è stato, per cosi dire, anticipato dalle polemiche che hanno vestito la scuola primaria, a causa delle "novità" prospettate dal Ministro dell'Istruzione.
Pensando proprio agli scolari impegnati in questi giorni nella corsa agli ultimi acquisti in cartoleria o all'ipermercato, alla ricerca dell'articolo desiderato, magari anche superfluo, la mente corre ad altri scolari meno fortunati appertenennti ad un'altra generazione, quella dei balilla e delle piccole italiane che si è formata sotto un regime, quale erp quello fascista, che assegnava alla scuola il ruolo fondamentale di veicolo di propaganda della sua ideologia e le considerava strumento principe per l'organizzazione del consenso di massa, con l'obiettivo ben precisp di creare il cittadino-soldato.
In quegli anni il primo giorno di scuola(in genere all'inizio di ottobre) iniziava all'insegna delle celebrazione patriottiche e religiosa e gli scolari dovevano rendere conto all'insegnante (unico) dei compito fatti durante il periodo estivo.
Esisteva anche allora il famigerato "librp delle vacanze", tormento di intere genrazioni di studenti.
Certo era alquanto diverso da quelli odierni.
Ad esempio il libretto in uso nel 1935, destinato agli alunni di seconda, era intitolato Le Vacanze del Balilla (costava una lira). Già il titolo e la copertina - con il fascio littorio, una balilla con moschetta, una piccola italiana e sullo sfondo il profilo inquietante del duce con l'elmetto - mostrano l'estema ideologizzazioe che caraterizzava la scuola del periodo, ampiamente dispiegata nei manuali scolastici e nei quaderni. Se oggi gli insegnanti possono scegliere liberamente i libri di testo, negli anni Trenta accadeva il contrario. A partire proprio dall'anno scolastico 1930-31 in tutte le scuole elementari veniva introdotto obbligatoriamente il <<testo unico di Stato>> attraverso il quale il fascismo poteva esercitare un controllo diretto sull'insegnamento, azzerando l'autonomia didattico-educativa dei maestri, quasi tutte donne. In prima e seconda elementare veniva adottato solo il libro di lettura. Dalla terza alla quinta al libro di lettura si affiancava il sussidiario che raccoglieva diverse materie (religione, storia, geografia, aritmetica e scienze). Costavano dalle 4.50 alle 11 lire. Tra i compilatori del testo unico compaioo nomi noti del mondo letterario come Piero Bargellini, Angiolo Silvio Novaro, Grazia Deledda e Roberto Forges Davanzati. Anche l'iconografia, smaccatamente propagandistica (nulla era lasciato al caso), è spesso opera di illustri disegnatori. Ma veniamo a quello che era il "corredo" dello scolaro. Niente zainetti e astucci colorati con stampati i personaggi preferiti dei cartoni animati e dei fumetti, né biro, pennarelli o matite, gomme temperini dalle forme più strane o quant'altro. La plastica non esisteva ancora. I bambini nell'Italia povera di allora, priva della tecnologia dei nostri giorni, dovevano accontentarsi di semplici cartelle che, a seconda delle possibilità delle famiglie, potevano essere di cartone, di tela o di pelle. Più spesso libri e quaderni venivano arrotolati e tenuti assieme con un elastico. Di legno era l'astuccio, lungo e rettangolare, con il coperchio che fungeva anche da righello. Il contenuto era ben misera cosa: una matita, una gomma, un temperino in metallo e una penna con il pennino. Sì, perchè non esistevano le biro. Infatti nelle aule i banchi, di legno, in genere a due posti, con li scrittoi spesso ribaltabili e leggermente inclinati verso i sedili fissati alla pedana, avevano il buco per il calamaio. L'inchiostro vi veniva versato dal bidello che lo preparava con certe polveri fornite dallo Stato. I bambini, quindi, dovevano fare molta attenzione perchè era facile macchiare il quaderno con l'inchiostro o rompere il foglio con il opennino, rischando di ricevere una sonora sgridata dall'insegnante o peggio ancora una punizione. Per limitare i danni si usavano le carte assorbenti e il "nettapenne", fatto con tanti pezzetti di stoffa di diverso colore. Nonostante le diverse materie (tra cui bella scrittura e cultura fascista) un alunno non possedeva più di quattro quaderni, di piccolo formato, diversamente dai maxi quaderni che oggi si usano sempre più frequentemente: il quaderno a quadretti per l'aritmetica, quello a riche di italiano, un altro per le nozioni varie, un ultimo di "brutta copia" o di casa che raccoglieva tutte le materie. Il più delle volte il numero si riduceva a due. Nei quaderni di questi anni, l'elemento che colpisce, oltre il contenuto, è la ricchezza iconografica delle copertine che diventavano indice della profressiva fascistizzazione cui fu sottoposta l'istituzione scolastica. Furono prodottte parecchie serie. !uelle dedicate al mito del duce, allo sport e alla tematica del balillismo sono le più numerose. I bambini asistiti dal patronato scolastico, che li riforniva gratuitamente anche dei libri di testo e del necessario per scrivere, dovevano accontentarsi di quaderni tutti uguali, con vivacissime copertine pubblicitarie.