PCI, una storia da raccontare che rischia la dispersione

 

PCI Una storia da raccontare che rischia la dispersione. (di Gianfranco Giudice)

LA PROVINCIA, mercoledì 6 marzo  2013

 

E' una storia grande e terribile quella del Partito comunista italiano che si è chiusa definitivamente oltre vent'anni fa. Una storia nazionale e internazionale che ha avuto un suo importante capitolo anche nella realtà comasca. E oggi a distanza oramai di tanti anni sarebbe urgente iniziare a scriverla questa storia fatta di idee, passioni civili, carne e

sangue di donne e di uomini come Anita Pusterla, Battista Tettamanti, entrambi coinvolti nel "processone" del 1928 al gruppo dirigente comunista nazionale tra cui spicca il nome di Antonio Gramsci, da autentici eroi civili come Enrico Caronti, martirizzato dai sicari fascisti nel '44. Questa storia comasca iniziò negli anni più bui della dittatura fascista

quando attorno alle figure dell'avvocato Francesco Tacchi, dello psichiatra Alfredo Montanari e del professore di filosofia Carlo Pozzoni, provenienti tutti dal Partito socialista italiano, si formò il primo nucleo com'asco del Partito comunista d'Italia, sezione dell'Internazionale comunista nata a Mosca dopo la rivoluzione d'Ottobre, con cui i comunisti italiani ebbero quello che Paolo Spriano definì un "legame di ferro". Il Partito comunista nacque dopo la scissione di Livorno nel gennaio del 1921, ma con l'avvento del fascismo nel '22 quella storia divenne presto clandestina, ma comunque resisterà perché anche a Como come nel resto d'Italia i comunisti furono gli unici a mantenere anche negli anni più duri della dittatura un barlume di organizzazione e di rete clandestina, attorno a figure

straordinarie di organizzatori e propagandisti politici come Ercole Bianchi, Alfonso Lissi e Carlo Arrigoni.

I comunisti comaschi furono tra i principali protagonisti della gloriosa ed eroica pagina della Resistenza, che attorno al Lario conobbe tuttavia anche pagine oscure e terribili come quella che coinvolse e travolse due comunisti come Luigi Canali, il capitano "Neri", insieme alla compagna Giuseppina Tuissi, "Gianna", una tragedia che si consumò tra comunisti e i cui strascichi dolorosi caratterizzeranno per decenni la storia del Pci comasco. Alla guerra seguì il periodo della ricostruzione e della democrazia che vedrà i comunisti tra i principali protagonisti anche nella realtà

comasca tra gli anni '50 e '70. Gli anni '80 segneranno l'inizio della fine di questa grande storia, che si esauriva in Italia e a Como alla fine del decennio, quando giungeva al termine con la caduta del muro di Berlino e la fine dell'Unione sovietica, il mondo disegnato dagli equilibri della guerra fredda. Oggi per contrastare una troppo facile damnatio

memoriae, quella storia andrebbe scritta, mentre anche l'ultimo luogo fisico che ha ospitato i comunisti comaschi è stato da pochi mesi abbattuto in via Teresa Ciceri 12.

Dopo il periodo fascista in cui i comunisti comaschi ebbero una sede clandestina in via Natta, la sede del Pci comasco passava dal Palazzo del Fascio subito dopo la liberazione, a via Garibaldi nel 1956, per poi approdare all'inizio

degli anni '60 in viale Roosevelt e poi traslocare a metà degli anni '70 nella storica sede di via Ciceri dove il Pci comasco rimarrà fino al suo scioglimento nel 1991. Scrivere una storia significa andare alla ricerca delle fonti, ma

dove si trovano oggi le carte preziose che documentano la storia dei comunisti comaschi? Sono sparse in tanti rivoli, che abbiamo qualche anno fa iniziato ad esplorare col proposito di scriverla finalmente la storia del Pci comasco. Una parte rilevante delle fonti indispensabili per scrivere la storia dei comunisti com'aschi la troviamo presso l'Istituto

di Storia contemporanea Pier Amato Perretta, si tratta del fondo di documentazione raccolto con amore e dedizione straordinaria in tanti anni da Giusto Perretta, per anni direttore dell'Istituto medesimo.

Si tratta di un fondo preziosissimo che raccoglie documenti che vanno dal periodo clandestino durante il fascismo, fino agli inizi degli anni '60. La cosa straordinaria è che Giusto Perretta è riuscito negli anni a portare a Como le fotocopie di numerosi documenti che riguardano la storia dei comunisti comaschi, i cui originali sono a Roma presso la Fondazione Gramsci, dove oggi si trova tutto l'archivio del Pci. È impressionante il lavoro fatto da Perretta che profeticamente scrisse un appunto su uno dei falconi da lui raccolti datato 21 febbraio 1999 in cui si legge: «Tutto

per la "Storia del Pci di Como" ma chi la scriverà?». Sempre presso l'Istituto di Storia contemporanea si trova un'altra

fonte insostituibile per scrivere la storia del Pci di Como, si tratta del fondo che raccoglie i documenti della 52a Brigata Garibaldi "Luigi Clerici", la principale organizzazione della Resistenza comasca che vide come attori principali i comunisti negli anni '44 - '45, e che fu protagonista della cattura di Mussolini tra Musso e Dongo nell'aprile del'45.

Nelle cantine dell'Istituto di via Brambilla giace inoltre l'archivio del Pci comasco raccolto nella sede di via Ciceri dagli anni '70 fino al 1991. L'altro luogo indispensabile per la raccolta delle fonti per chiunque volesse tentare l'impresa

di scrivere la storia dei comunisti sul Lario è naturalmente l'Archivio di Stato di Como. Il fatto che la storia del Partito comunista sia quasi fin dalla sua nascita una storia clandestina, fa sì che le fonti di polizia siano spesso le uniche fonti disponibili, così presso l'Archivio di Stato di Como si trovano tanti documenti nel Fondo della Prefettura e nel Fondo della Questura, con riferimento per quest'ultimo alla categoria A/8 che raccoglie i fascicoli delle persone pericolose per

la sicurezza dello Stato, la gran parte dei quali sono comunisti. Materiale immenso e disperso Infine sempre presso l'Archivio di Stato è indispensabile da consultare per la storia dei comunisti il Fondo del C.L.N. com'asco che abbraccia gli anni che vanno dal '44 al '46. Presso la Biblioteca comunale di Como si trovano due raccolte importantissime per il ricercatore, la prima è quella relativa a "La Comune", l'Organo provinciale del Partito Comunista

d'Italia di Como pubblicato negli anni 1921 - '22, quindicinale con redazione in viale Lecco, la seconda è la raccolta de "La Voce di Como", settimanale della federazione comunista comasca, nato dopo la seconda guerra mondiale e pubblicato fino allo scioglimento del Pci. Si tratta dunque di un materiale enorme da consultare e studiare, a cui andrebbe aggiunto altro materiale esistente presso privati cittadini un tempo militanti e dirigenti di base delle sezioni comuniste sparse sul territorio provinciale che hanno raccolto e conservato quelle carte preziose. L'Archivio Centrale dello Stato e la Fondazione Gramsci a Roma, sono da ultimo la tappa finale per chi, speriamo, avrà la possibilità, le risorse e la forza di compiere l'immane lavoro che rappresenta un lavoro storico del genere. Storia di una idea, di una ideologia, qualcuno ha scritto di una illusione, in ogni caso storia di donne e uomini che anche nel comasco hanno compiuto con passione una scelta di vita, perché credevano in una società più giusta per cui valesse la pena di

lottare, per qualcuno fino al sacrificio estremo. Personalmente non ho abbandonato del tutto l'ambizione di scrivere questa storia intensa e affascinante, perché come ha scritto Ignazio Silone in Uscita di sicurezza, «non ci

si libera facilmente da una esperienza così intensa come quella dell'organizzazione comunista».

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Gianfranco Giudice è professore di storia al liceo "Giovio" di Como. Laureato in filosofia, è l'autore di "Un manicomio di confine. Storia del San Martino di Como" (Laterza, 2009), in cui ha ricostruito le vicende dei 40 mila "matti" dell'ex Opp di via Castelnuovo, entrato in funzione nel 1882. Nei mesi scorsi ha lanciato un appello affinché l'archivio del Manicomio, de-localizzato dall'Azienda ospedaliera Sant'Anna a Parma, possa ritornare a Como.