Aristide e i suoi confratelli, eroi della Resistenza

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Aristide e i suoi confratelli, eroi della Resistenza

Nell’ambito delle iniziative per i 110 anni dalla nascita di monsignor Pirovano, alla Biblioteca comunale di Erba è stato presentato

il libro scritto da Ezio Meroni e pubblicato da In Dialogo,

che narra il contributo dei missionari alla lotta di Liberazione

Carisma, coraggio, capacità di volgere a proprio favore le situazioni avverse e di sdrammatizzare anche nelle circostanze più angosciose. Sono le qualità di monsignor Aristide Pirovano emerse durante la Resistenza, delineate da Ezio Meroni, autore di Missionari nella Resistenza. Il contributo del Pime alla Liberazione (1943-1945), volume che ripercorre l’operato di padre Aristide e di tre suoi confratelli (Ferruccio Corti, Lido Mencarini e Mario Limonta) negli anni che portarono al 25 Aprile. Il libro (In Dialogo, 304 pagine, 24 euro) è stato presentato sabato 24 maggio alla Biblioteca comunale “Giuseppe Pontiggia” di Erba davanti a un folto pubblico.

Introducendo l’incontro – promosso con la collaborazione dell’Istituto di Storia contemporanea “P.A. Perretta”, dell’Anpi Comitato Provinciale di Como e della Libreria Colombre di Erba -, la direttrice della Biblioteca Enrica Atzori l’ha inquadrato nel ciclo di eventi promossi dall’ente insieme al Comune per celebrare gli 80 anni della Liberazione. L’assessore alla Cultura Paolo Farano ha ricordato l’opera fondamentale di padre Aristide in quel periodo e ha manifestato interesse a conoscere anche le vicende degli altri missionari.

Rosanna Pirovano, presidente dell’Associazione Amici di Monsignor Aristide Pirovano – co-promotrice dell’evento nel contesto delle celebrazioni per i 110 anni dalla nascita del Vescovo missionario erbese – ha rievocato l’emozione che la prese quando, bambina, vide per la prima volta in chiesa padre Aristide: «Era ieratico, luminoso e accompagnato da un’aura leggendaria». Ha ricordato i suoi racconti di guerra durante le visite in famiglia: «Gli chiedevamo se aveva avuto paura e lui rispondeva: “Non ne avevo il tempo…”». E le peripezie della successiva missione nell’Amazzonia brasiliana: «Mangiava serpenti e ci diceva che somigliavano alle anguille…».

Il libro è stato al centro del dialogo tra l’autore e Mauro Colombo, vicepresidente degli Amici. L’idea di scrivere di missionari è collegata alle precedenti esperienze editoriali di Meroni: «Nelle mie ricerche ho progressivamente rilevato come la Resistenza non fosse un movimento monolitico, ma composto da molte “anime”, e quella cattolica ha dato un apporto sostanziale: nella sola Diocesi di Milano vi hanno operato ben 179 preti, per non parlare dei religiosi e dei laici. Nell’archivio del Pime, oltre a padre Aristide mi sono imbattuto nelle figure di altri suoi confratelli: avrebbero dovuto trovarsi in missione, ma il blocco delle relazioni internazionali li “fermò” provvidenzialmente in Italia. Così ho deciso di occuparmi delle loro storie di coraggio e di fede».

Meroni ha spiegato la scelta dell’immagine di copertina, che ritrae il giovane padre Pirovano a cavalcioni di una Moto Guzzi («trasmette dinamismo, avventurosità, coraggio… L’ho concordata con l’autore e il risultato è di grande impatto»), e di trattare la materia sotto forma di romanzo storico: «Mi serviva un “registro” che amalgamasse le vicende dei quattro missionari e le plasmasse, facendo agire i personaggi in un contesto accertato e documentato. Credo che per un lettore sia una lettura più attraente rispetto a quella di un saggio».

I tratti di padre Aristide che hanno colpito Meroni sono comuni anche agli altri missionari: «Erano coraggiosi, pronti a mettere a repentaglio la libertà e anche la vita. Testimoniavano la fede, agendo nel conflitto, ma senza odiare il loro nemico. E rispettavano l’autorità obbedendo al Superiore, monsignor Balconi, quinto protagonista del romanzo, che raccomandava loro di essere prudenti, ma non pavidi».

Tra le gesta di padre Aristide, diversi gli episodi citati: dal servizio clandestino per far espatriare ebrei e antifascisti alla “borsa nera” creata quale economo del Pime per far fronte alle insufficienti tessere annonarie; dalla volontà di tener fede alla parola data di non compromettere il Pime con la sua condotta («se vengono a prendermi non scappo») all’astuzia con cui, dopo l’arresto a Milano, fece sparire l’agendina nella quale conservava informazioni segrete; dall’ironia con cui affrontò i pestaggi e le torture dei nazisti («li capivo, dopotutto raccontavo loro un sacco di balle…») al timore con cui lui, che non aveva tremato in carcere, dopo essere stato liberato si presentò al suo severo Superiore, che invece lo accolse affettuosamente. E infine quello che fece a Erba prima e dopo il 25 aprile e la resa dei nazifascisti, compresa la protezione del capitano Pfaff, comandante delle SS di stanza in paese. «In padre Aristide c’era carisma, audacia, fascino personale e attenzione costante ai più deboli, come poi avrebbe mostrato anche in Brasile», ha concluso Meroni.

Proprio in Brasile, a Marituba, sede dell’ultima missione di monsignor Pirovano, tutti gli anni arriva dalla Germania un contributo in denaro. Lo ha rivelato al termine dell’incontro la Presidente degli Amici, intenzionata a scoprire l’identità del benefattore.


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